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Siamo l'uccello o siamo la gabbia?

  • Immagine del redattore: L'Aculeo
    L'Aculeo
  • 18 mar 2022
  • Tempo di lettura: 3 min

“A volte si è costretti a bruciare ogni cosa per ricominciare. Dopo un incendio il terreno diventa più fertile e può dare vita a delle cose nuove, a delle cose che forse sono persino meglio di quelle che c’erano prima.”


Lo scorso inverno nel mio solito “peregrinare” col dito sullo schermo del cellulare, ho incontrato questa frase che riportava ad una mini-serie appena uscita su Amazon Prime Video, dal nome Little Fires Everywhere ed ecco che, in men che non si dica, mi sono ritrovata a divorare due degli otto episodi che compongono questo gioiellino di serie e visto che, non contenta, ho fatto un rewatch di recente, mi è venuta una gran voglia di parlarvene.


Tratta da un bestseller di Celeste Ng, la storia si colloca in una ricca e bianchissima comunità dell’ Ohio alla fine degli anni '90, dove vivono Elèna e Bill Richardson, interpretati da una Reese Whiterspoon calzante a pennello in questo ruolo e Joshua Jackson che ha saputo egregiamente chiudere a chiave in un armadio il ruolo di Pacey Witter, insieme ai loro quattro figli. Una famiglia perfetta, almeno all’apparenza, i cui equilibri verranno completamente sconvolti dall’arrivo di una giovane mamma single Mia Warren (la bravissima Kerry Washington) e di sua figlia Pearl.

Ed ecco la miccia che dà il via alle tante piccole scintille riportate nel titolo.



Nomen omen, dicevano i Latini, ed in effetti il fuoco è un po' il filo conduttore di questa serie in cui le due protagoniste femminili rappresentano l’una l’antitesi dell’altra, in molteplici campi, anche se il campo di battaglia più arduo è sicuramente quello rappresentato dalla maternità, contaminato anch’esso dalle disparità sociali e razziali di un’America in cui si sente forte la tensione del cambiamento.

Elena e Mia si sfidano, quindi, di continuo e dai loro scontri originano sempre piccoli fuochi che non sfociano, quasi mai, in un incendio vero e proprio e sul terreno fertile delle loro battaglie si straficano altri substrati di guerre intestine, altri mille piccoli fuochi collaterali.

Come detto poc’anzi, la tematica razziale è sicuramente dominante e ci ricorda che persino in coloro che credono di essere immuni striscia latente la serpe secolare del razzismo e, nonostante questo, ogni episodio mette alla prova le nostre ideologie e le nostre personali simpatie per i personaggi.

In un’ America da sempre intessuta di complessità sociali in cui chi ha soldi e potere e una pelle di un certo colore finisce per schiacciare tutti gli altri, come non vi fosse possibilità di sovvertire quest’equilibrio, i due mondi si intrecciano scambiandosi, ogni volta, i protagonisti di questa storia e, spesso, a fare da collante fra personaggi così lontani ma così simili, c’è un altro fuoco, il fuoco sacro dell’arte creativa ma anche distruttiva che, in qualche modo, si palesa sin dalla scena iniziale in cui vediamo un Elèna col volto terrorizzato, come non la vedremo mai per il resto della narrazione, guardare la sua casa bruciare.

Se Little Fires Everywhere ha preso vita è soprattutto grazie a Reese Whiterspoon che aveva scelto quest’opera per il suo club del libro, appassionandosene, e diventandone insieme alla Washington produttrice lei stessa.

E, così come la serie si apre e si chiude con la stessa immagine, anche io al termine di questa recensione, sperando di avervi trasmesso anche solo un po' la voglia di guardarlo, faccio lo stesso.

Anche per le persone funziona così, le persone sono resilienti, anche dopo una devastazione totale possono ricominciare da zero e trovare una via d’uscita.”



Simona

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