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Il fascino del non detto

  • Immagine del redattore: L'Aculeo
    L'Aculeo
  • 17 ago 2021
  • Tempo di lettura: 4 min

Italia, 1983. E' estate, la stagione dei colori caldi, del suono delle cicale e del caldo che bagna le tempie. E l'estate, si sa, porta con sé una leggerezza vicina a quella descritta da Calvino nelle sue lezioni americane, una leggerezza non superficiale, in grado di saziare. Mentre i giorni passano, Elio, diciassettenne dallo sguardo malinconico e profondo, conosce Oliver, ventiquattrenne dall'aspetto lucente, come il suo sguardo.


E' un vero e proprio incontro, due anime che si avvicinano e non riescono a resistersi, come due forze calamitanti. I libri, l'arte, la conoscenza fanno da sfondo a quella che si rivelerà una travolgente storia d'amore.



Ma perché Elio ed Oliver si innamorano? E cos'ha di così diverso la loro storia?

Ciò che nasce tra Elio ed Oliver è semplicemente inevitabile, non è una banale storia d'amore nata dagli interessi comuni e dalle affinità caratteriali, "non ha nulla a che vedere con l'intelligenza", dirà il padre di Elio, è qualcosa di più.

Quella tra Elio ed Oliver è un'esigenza, a tratti fisica, di vivere l'altro per vivere al massimo se stesso. L'amore che i due protagonisti proveranno si rivela essere una vera e propria benedizione, una cosa che capita un'unica volta nella vita e che non è destinata a restare per sempre.


" Il primo vero amore non dura mai tutta la vita ma la cambia, per sempre. "

E' una frase che ho letto una volta bazzicando su Instagram. Nulla di più vero, pensai e Chiamami col tuo nome ne è un esempio. Tra Elio e Oliver nasce un sentimento che va al di là dell'amore, al di là di una semplice alchimia, un sentimento che li terrà legati per sempre, il cui ricordo non li abbandonerà mai. Ed è proprio questa la ragione della fine di una storia d'amore così intensa: la difficoltà di perdurare in un mondo fatto di scadenze e sentimenti ordinari ed incasellati.

La pellicola in questo si dimostra onesta, lo spettatore lo sa fin da principio, lo legge negli occhi di Elio, a tratti anche in quelli di Oliver, sa che quello che i due vivranno è destinato a finire, per questo deve essere vissuto nella sua interezza senza porsi alcun tipo di domanda su ciò che sia giusto e su ciò che sia sbagliato.


La pesca come allegoria dell'erotismo.

La scena della pesca è forse quella più iconica tra le diverse del film. E' una scena che ha del poetico nel suo esplicito erotismo e ci spinge ad una riflessione importante: è necessario conoscersi e amarsi per poter vivere una storia d'amore. La masturbazione e l'incontro con il proprio sesso e con la propria sessualità sono tappe fondamentali della conoscenza di sé, consentono di esplorare tratti di noi che affondano le proprie radici nei meandri della nostra psiche. Ancora, la scena acquista un valore importante da un punto di vista iconografico e cinematografico nel momento in cui riesce ad abbattere i diversi pregiudizi sulla masturbazione e sui contenuti espliciti.


"Amici?"

Anche quella tra Marzia ed Elio è una storia d'amore. Lei, sensuale e dolce, vivrà un'estate carica di emozioni, alcune inattese. Marzia non immagina il senso di vuoto e il dolore che arriveranno in seguito all'abbandono da parte di Elio e non immagina neanche di essere così forte. Assistiamo in pochissimo tempo ad una crescita esponenziale di un personaggio tanto bello quanto insolito: Marzia è l'espressione della forza che un cuore ferito può ricavare dal suo stesso dolore. Comprenderà Elio e gli farà una promessa: amici?

Elio, fortunato, non potrà che accettare ed essere grato a Marzia per tutto l'amore che gli ha regalato, quasi quanto quello che le ha regalato lui.


"Chiamami col tuo nome ed io ti chiamerò col mio."

Vivere l'altro per vivere al massimo se stesso, è questo quello che succede ad Elio ed Oliver. Ed è per questo che i due si promettono con voce sussurrata di chiamarsi l'uno col nome dell'altro. Il sospiro e la voce soffocata racchiudono al loro interno il fascino del non detto, di tutte quelle parole rimaste sospese nei loro sguardi durante le passeggiate in bici, i balli estivi, gli sguardi furtivi durante le letture estive e di tutte quelle custodite dentro di loro in attesa di trovare la persona giusta a cui regalarle.


Elio ed i suoi genitori.


"Sei fortunato." E' una delle ultime frasi pronunciate da Oliver al telefono con Elio.

La fortuna di Elio risiede nel fatto di avere dei genitori che non hanno bisogno di dover accettare in qualche modo l'omosessualità del figlio, anzi, nella pellicola la questione dell'accettazione dell'omosessualità non si manifesta mai (com'è giusto che sia). Sono dei genitori genuinamente preoccupati di fronte al primo grande dolore del proprio figlio ma consapevoli di come sia necessario viverlo. Nel discorso del padre, il dolore non è un nemico, è un compagno da non reprimere, da conoscere e da affrontare per poterlo superare ed è forse il giusto compromesso per aver vissuto un sentimento che difficilmente tornerà.


La fine di Call me by your name.

Si chiude così un piccolo capolavoro, prezioso nella sua semplicità. Protagonista dell'ultima scena è il sentimento di cui parlavamo prima: il dolore. Dopo una telefonata fatta di silenzi e domande dilanianti, Elio si siede di fronte al camino, in cerca di calore e di un posto dove poter seguire il consiglio del padre: vivere il proprio dolore. Le lacrime scendono lente, il respiro si arresta, le guance si arrossano e le labbra pure. Il dolore è tangibile, è lì che squarcia il petto e, chissà perché, è una sensazione che si somatizza come quella dell'amore, come un pugnale che ti oltrepassa e ti fa sentire pieno di vita.

E poi, un sorriso, disegnato sul volto di Elio, un sorriso malinconico che si fa forza da solo e che sussurra al giovane protagonista che è vero, fa male, ma ha fatto anche tanto bene...



Manuela

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