Fili d'erba
- L'Aculeo
- 18 nov 2021
- Tempo di lettura: 3 min
"Ma non te rendi di conto di quanto è bello? Che non porti er peso del mondo sulle spalle, che sei soltanto un filo d'erba in un prato? Non te senti più leggero?"

E va bene, lo ammetto, faccio un mea culpa. Ho iniziato a leggere Zerocalcare solo di recente, poco prima che ottenesse una certa popolarità con i corti di Rebibbia Quarantine trasmessi in prima serata a Propaganda Live, programma che ha costituito, almeno per me, una fonte inesauribile di spensieratezza in quei venerdì di quarantena che sembravano non finire mai.
Non era la prima volta che sentivo il suo nome, abbastanza inusuale, eppure qualcosa mi bloccava, forse la forma, il fumetto non è proprio il primo genere di lettura cui mi approccerei (erroneamente); forse il tempo, già, il tempo. Ma alla fine ce l'ho fatta, un pomeriggio ho comprato con fierezza La profezia dell'armadillo e in serata mi sono lasciata avvolgere dalle pagine di quella storia. Ho riso, tanto; ho pianto, ancor di più. E da quel momento in poi, recuperare tutta la produzione del fumettista è stato come correre senza fatica alcuna.
Sì perché la lettura di Zerocalcare è così, un'immersione dai contrasti forti, come mangiare una torta al cioccolato piccante: è dolce ma fa anche male e lascia quasi l'amaro in bocca. Ed è proprio quella dolcezza mista ad amarezza a rendere, ancora una volta, Strappare lungo bordi, un piccolo capolavoro confezionato "all'imperfezione".
All'imperfezione, proprio così, perché in questa storia non servono cose o persone perfette, non esistono, come nella vita di tutti i giorni; ci sono, invece dolori, fratture, cicatrici, storie sbagliate e ferite ancora aperte. Non ci sono scenari idilliaci o buonisti, c'è la vita vera, quella che Zerocalcare riesce a raccontare con una naturalezza a tratti spavalda e spiazzante.

Non mancano i momenti esilaranti, le citazioni colte, quelle nerd, comprensibili soprattutto a chi è nato negli anni '80 o a chi, come me, è cresciuto con uno di loro, tutto in perfetto stile Zerocalcare, condito dalla sua ironia brillante che riesce a donare un po' di luce a quei momenti in cui la storia diventa sempre più triste. C'è una cosa però, tra tutte, che mi ha lasciato con il "magone dentro", come si suol dire: l'impressionante somiglianza tematica con l'opera prima dell'autore.

Alice è un po' come Camille, un'anima d'acciaio fragile che non può stare a questo modo senza correre il rischio di spezzarsi per sempre. Ancora una volta, Zerocalcare trova, nei tratti dolci disegnati sui volti di queste due donne, una figura perfetta per incarnare tutte le fragilità e le debolezze dell'essere umano in divenire, senza provare imbarazzo nel mostrare poi le proprie.
Lui, sostanzialmente, è lo stesso di 10 anni fa. Lo stesso fumettista rinchiuso nel guscio materno della sua Rebibbia, cullato e soffocato dalle sue paure e dai suoi sensi di colpa, talvolta motivati, talvolta esasperati. E sono proprio il senso di colpa, la purezza con cui Zero ce ne parla, la sfacciataggine, direi anche stronzaggine, dell'armadillo, allegoria della sua coscienza, a fare del fumettista un talento puro e da tutelare.

Zerocalcare non ti fa sentire solo. Guardare Strappare lungo i bordi ti dà la sensazione di esserti incontrato per bere una birra con un vecchio amico di infanzia cui sei molto legato, ma per ragioni logistiche vedersi è quasi impossibile. Allora capita che vi vediate poche volte l'anno, ma quando succede è come se il tempo non fosse mai passato, avete la stessa complicità di sempre e vi raccontate le vostre vite. E in una di queste sere ti racconta una storia che si interseca con qualche aneddoto simpatico, con qualche battuta in romano, con una sapiente scelta musicale nostalgica a fare da sottofondo e con gli amici di sempre come co-protagonisti, Sarah e Secco.
Infine, quello che sembrava un semplice racconto, si rivela uno spaccato di vita toccante, un crocevia di rimpianti e rimorsi, di sorrisi e botte, da cui Zerocalcare, insieme a noi spettatori, ne esce "strappato", come gli strappi da fare lungo i bordi della vita, apparentemente delineati con perfezione ma così difficili da intagliare.
Manuela
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