E' (solo) una questione di peso
- L'Aculeo
- 15 mar 2022
- Tempo di lettura: 4 min
Crescere è complicato. E' un processo doloroso, lento, a volte subdolo ed inesorabile, decisamente inevitabile, non si può far nulla per arrestarlo e qualsiasi tentativo risulterebbe vano ed innaturale. Ciò che forse spaventa maggiormente della crescita è il cambiamento che porta con sé, come un compagno fedele che traccia solchi permanenti nel corso del tempo.
Si cambia, mentalmente e fisicamente. E questo cambiamento fa paura.

La prima cosa a cambiare nella fase adolescenziale è il nostro contenitore, il corpo. Il primo impatto, il biglietto da visita, ciò che gli altri vedono di noi, l'immagine con cui ci presentiamo al mondo all'improvviso si trasforma, giorno per giorno, senza darci il tempo di adattarci ad ogni minuscolo cambiamento.
Com'è possibile? Ieri questo segno sul viso non c'era. E questi fianchi, quando sono spuntati? Questa barba, questi peli, da dove saltano fuori?
Tutto ciò che il passaggio dall'età infantile all'adolescenza porta con sé è un vero e proprio trauma, una serie di eventi dal profilo inquietante, degno di qualsiasi pellicola di Hitchcock.
Ed è nelle crepe lasciate dal suddetto trauma, nella corsa sfrenata di una mente che arranca dietro un corpo che cambia, che si insinuano, come parassiti, alcuni tra i mostri più inquietanti: i disturbi alimentari.

I disturbi alimentari non sono solo una questione di peso.
O meglio, lo sono certamente, ma con la parola peso non si allude banalmente solo al numero di kg indicati dalla bilancia, bensì al peso che hanno determinati eventi e la percezione del proprio corpo nella vita di chi ne soffre.
Bulimia, anoressia, binge eating, insieme ad altri tipi di disturbi, sono la manifestazione di un profondo turbamento psicologico che affonda le sue radici in ragioni ben più complesse di una semplice problematica di immagine.
L'insicurezza, la sindrome dell'abbandono, esperienze traumatiche, l'incapacità di riuscire a convivere con il proprio corpo, sono alla base di tali meccanismi di autolesionismo.
L'illusione che si prova, a volte, è che un dolore autoindotto sia più gestibile e più piccolo di qualsiasi dolore proveniente dall'esterno. Ci si fa scudo con un altro tipo di dolore, credendo così di essere padroni di quelli più grandi che ci fanno ombra da fuori, senza contare che, lentamente, stiamo facendo ombra su noi stessi.

Spesso si tende a generalizzare e a banalizzare, imputando qualsiasi ragione dell'insorgenza di un disturbo alimentare ad un malessere fisico, alla ricerca spasmodica di un modello perfetto imposto dalla società attraverso i suoi mezzi mediatici. Eppure, non si tratta solo di questo.
Il disturbo alimentare, spesso, si associa ad una mania di controllo. Sentire di poter gestire la propria alimentazione conferisce al soggetto un senso di onnipotenza, c'è una sorta di ebrezza, un vero e proprio godimento nella consapevolezza di essere gli unici responsabili di se stessi. Controllare il cibo diventa un'allegoria del controllo della propria vita.
Se da un lato diviene difficile far quadrare tutto ciò che sta attorno, dall'altro gestire il proprio peso e contare le calorie da ingerire sembrano essere gesti di una semplicità irrisoria, finendo col diventare una delle poche cose in poco possesso. Mentre tutto scivola, il corpo e la sua forma diventano una vera e propria ossessione e il nemico diventa, paradossalmente, un rifugio sicuro perché ben conosciuto.
Quando sei vittima di un disturbo alimentare è come se la tua vita fosse condivisa con lui, come se avessi un nuovo amico, un compagno con cui doverla gestire; è come se il disturbo fosse l'unica cosa che possiedi, l'unica cosa che sei capace di fare e di gestire, l'unica cosa che hai scelto, per te stesso e per le tue membra. Non è più una scelta subita o imposta da altri, è una tua decisione. E le prime volte è del tutto inconsapevole: quando cominci a stringere la mano a questo subdolo alleato nelle battaglie contro te stesso, credi di essere in grado di gestire il rapporto, di poterti fidare di quel patto silente, nascosto agli occhi di tutti con sapiente maestria. In fondo ti fidi perché in quel patto ci sei solo tu con te stesso, con la parte più marcia, quella di cui vorresti disfarti ma da cui al contempo dipendi fortemente.

Ma arriva un punto di rottura, apparentemente senza ritorno, un baratro in cui si precipita senza riuscire a tirarsene fuori. Ci si guarda allo specchio e quell'immagine sui cui si lavora da tempo sembra non appartenere più a nulla, se non al disturbo stesso che se ne è impadronito fino a toccarne l'essenza. Gli occhi sono lividi, il sorriso spento, la pelle secca e screpolata, i capelli sfibrati cadono come foglie in autunno. Ancora una volta, quell'immagine è cambiata, e questa volta fa ancora più male perché è l'esito di una decisione presa da noi, da quel patto sbagliato che non ci fa sentire soli.
Mentre si cercano di riempire i vuoti per evitare di guardarci dentro, mentre si cerca di scomparire lentamente, quel che resta di noi, in un vortice così inquietante come quello di un disturbo alimentare, è cosa siamo veramente. Un cuore pulsante, nascosto in una gabbia toracica che si fa sempre più piccola, talvolta più ossuta.
E finché pulsa, ci sarà sempre la possibilità per stringere le mani giuste.
Manuela
NOI DE L'ACULEO CI TENIAMO A LASCIARE QUI ALCUNI LINK DELLE ASSOCIAZIONI CUI POTER CHIEDERE AIUTO. SE SOFFRI DI UN DISTURBO ALIMENTARE, NON SEI SOLO.
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