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Come stiamo oggi, veramente?

  • Immagine del redattore: L'Aculeo
    L'Aculeo
  • 1 dic 2021
  • Tempo di lettura: 3 min

Se due anni e mezzo fa ci avessero raccontato che avremmo vissuto un'epidemia, o peggio una pandemia, come quelle di cui abbiamo spesso letto nei libri di storia, senza mai capirne veramente, chi di noi avrebbe potuto crederci? E chi di noi avrebbe mai pensato di trascorrere circa sessanta giorni confinato entro le quattro mura della propria casa, mentre in tv scorrevano immagini da contemporanea Apocalisse?!? E potrei continuare con quella lista di domande che ognuno di noi in questi settecento giorni ha fatto a se stesso, ma voglio invece porre un interrogativo che nessuno sembra voler fare, almeno ad alta voce:

come stiamo Oggi, veramente?

La verità è che, spesso, neppure noi lo sappiamo, o perché ci siamo completamente privati del tempo necessario per provare a rispondere, o forse perché temiamo di scoprire che siamo sprofondati in un buco nero entro il quale siamo anche rimasti per paura, per pigrizia, per rabbia o per mille altri motivi.

Non posso rispondere ergendomi a portavoce di chiunque di voi stia leggendo queste parole, ma proverò a servirvi una risposta che sia la più vicina possibile alla realtà della mia prima persona singolare.

Nel corso di questi due anni credo di aver evaso anche io questa domanda e dapprima mi sono buttata a capofitto nello studio, nel recuperare tutte le letture mancate, nelle videochiamate(poco), nelle dirette Instagram(tanto), pensando che il lockdown sarebbe stato presto solo una breve parentesi, persino non del tutto negativa, nel resto della nostra esistenza. Ma il ritorno alla normalità ha poi coinciso con un fortissimo senso di disagio nel ritrovarmi di nuovo scagliata fuori, in un mondo il cui volto era inesorabilmente cambiato, provato da lunga malattia, e in cui io stessa facevo fatica a stare per più di dieci minuti. Ed ecco il senso di pigrizia sgusciare fiori strisciante, subdolo, silenzioso e poi l'ansia, l'angoscia d'Agosto quando ascoltavo il numero di contagi risalire così come i battiti del mio cuore e le frequenze del mio respiro. Un autunno triste, che ho mascherato con i miei impegni e una buona dose di finto entusiasmo, mi attendeva mentre il vento gelido di Dicembre portava con sé, oltre a un Natale completamente spoglio di tutto , la nascita di un nuovo bambino chiamato vaccino. Sembrava la fine di quel lungo inverno, in qualche modo lo è stata, ma mi sono trovata schiacciata da una nuova fortissima ondata di rabbia. Da dove usciva fuori tutta quell'ira d'Achille?

Il sentirsi schiacciati in un mondo diventato ancora più stretto, in cui ancora più gente stava soffrendo e patendo, mentre chiunque si arrogava il diritto di dire la propria, deridere, ferire, al di là dello schermo di un computer, era quello il motivo di tanto sfiancante rancore?!

Non ho voluto approfondire, non ho voluto approfondarmi in quel vortice perché temevo che la rabbia mi avrebbe poi mangiato. L'esperienza di una nuova quarantena, da contagiata questa volta, non ha risparmiato nemmeno me e le emozioni, per la prima volta dopo mesi, sono riuscite a esplodere e non solo implodere dentro me, ho riscoperto l'arte perduta del pianto, balsamo dolce in una rude prigione di trenta giorni. Il Maggio odoroso elogiato da Leopardi ha infuso nuova linfa alle mie giornate, ho potuto riprendere la psicoterapia bruscamente interrotta, ho provato ad andare avanti ricoltivando passioni mai veramente sopite, mi sono impegnata.

Ma basta veramente questo per frenare l'angoscia, la rabbia per due anni perduti, il rancore verso il mondo e la paura, ogni giorno si fa più concreta, che questa situazione non si risolverà mai e che tutto è destinato a cronicizzare, compresi i nostri sentimenti cristallizzati ed inespressi?

E, in ogni caso, esiste qualcosa che possa effettivamente bastare dinanzi a tutto ciò che stiamo vivendo?

Sono una persona a cui piace pensare di poter trovare sempre il doppio delle soluzioni per ogni problema e vorrei terminare questo zibaldone di pensieri con una risposta piuttosto che con una domanda, per di più aperta; ma non ho soluzioni, non ho risposte stavolta.

Quindi, mi limiterò alla domanda: Come state oggi, veramente?


Simona


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