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Bilanci

  • Immagine del redattore: L'Aculeo
    L'Aculeo
  • 30 dic 2021
  • Tempo di lettura: 3 min

L'ultima settimana di dicembre somiglia, per molti aspetti, alla prima di settembre. In entrambi i casi, ci si trova a fare i conti con se stessi, a trarre le somme di quanto accaduto nei mesi precedenti, con una certa aspettativa nei confronti del futuro, quasi che settembre e dicembre avessero il magico potere di fare un gigantesco reset, permettendoci di ricominciare.

Concludiamo sempre così, ci si gonfia il petto, con una buona dose di coraggio e di ottimismo esclamiamo "Da adesso cambia tutto." Ed è spesso un'esclamazione sorda, che riecheggia con forza nell'antro della nostra mente, nei meandri della nostra cassa toracica, producendo delle onde sonore così forti da far tremare il cuore.

Proprio questa mattina, Instagram mi ha ricordato un post pubblicato un anno fa. Un autoritratto in bianco e nero, con uno sguardo a tratti sognante a tratti malinconico, che reca la didascalia "Bilanci". Ho un'ottima memoria, ricordo bene quali fossero i miei pensieri in quei giorni: a conclusione del secondo decennio degli anni duemila, sentivo la necessità di fare dei bilanci sugli ultimi anni della mia vita. Ero lì, a cercare un equilibrio, spaventata da tutti i flussi contrastanti che mi avrebbero buttato giù con forza, o meglio, ero lì a tentare di ristabilire l'equilibrio preesistente nel quale credevo fortemente.

Eppure, quell'equilibrio era fittizio.

Allora giù a romperlo, ad abbattere quei muri sapientemente costruiti attorno a me stessa per evitare che venisse fuori la parte più fragile di me; avevo deciso di far crollare quella fortezza che di forte non aveva proprio nulla. Il risultato? Un senso di euforia, quella felicità mista a paura.

Non è facile fare dei bilanci, capire dove abbiamo sbagliato e dove abbiamo fatto bene, indagare le ragioni delle nostre scelte e il perché delle loro conseguenze, è un esercizio che richiede molta fatica, forse è per questo che lo procrastiniamo, riducendoci all'inizio di settembre o alla fine di dicembre. Forse, però, è ancor più difficile rompere gli schemi, assumere la consapevolezza di dover cambiare vita, di dover dare una sferzata all'apatia che come una distesa di sabbie mobili ci tiene imprigionati nella zona di comfort cui siamo succubi: "potrebbe andare peggio, meglio restare immobili."

E ricominciare a camminare, dopo un lungo periodo di inattività, fa male: le dita dei piedi sono intorpidite, un torpore che si propaga fin nei polpacci e dentro le ossa, ci vorrà tempo affinché il corpo possa riabituarsi ad un'azione apparentemente così naturale.


Ma l'importante è averlo fatto, è essere usciti dalle sabbie mobili.


Nel mio piccolo, vi auguro questo. Di trovare il coraggio di uscire dalle vostre prigioni di cui, ve ne accorgerete poi, solo voi possedete le chiavi. Mentre siete lì, di ritorno dal lavoro, seduti alla scrivania in preda ad un esame, davanti all'albero di Natale da disfare tra qualche giorno, in qualsiasi luogo vi troviate, non sentitevi soli. Non siete i soli ad assumere il ruolo del commercialista della vostra vita, a fare calcoli, sottrazioni, addizioni e a tracciare rette che diano un senso a quelli che sembrano essere punti alla rinfusa.

Fate in modo che il vostro "capodanno", o la vostra prima settimana di settembre, arrivi quanto prima, nel momento giusto, quando sentirete la necessità di dover cambiare pelle per poter respirare ancora.

Fate in modo di ricominciare a camminare anche se farà male, perché è meglio provare un briciolo di dolore che non sentire niente.


Buon anno, ogni giorno.


Manuela


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